Sebbene il processo respiratorio ed il processo fonatorio siano due facce delle stessa medaglia, occorre subito fare una fondamentale distinzione: una cosa è respirare e basta (processo inspiratorio) e una cosa è vocalizzare, cantare quel respiro (processo espiratorio/processo fonatorio).
Alcuni insegnanti di canto si concentrano sulla prima parte del processo respiratorio mentre altri si concentrano sulla seconda. Una simpaticissima leggenda che si racconta all’interno dei circoli degli insegnanti di canto narra che alcuni producano bravi “respiratori”, altri bravi cantanti.
BA-DUM-TSSS!!!
(risate)
Per quanto questa leggenda fornisca una lettura ipersemplificata della realtà, allo stesso tempo può aiutare a comprendere il perché una buona percentuale di studenti di canto ritenga che la causa dei loro problemi vocali risieda essenzialmente nella mancata capacità di “saper respirare”, o di “saper usare il diaframma”.
Il diaframma è un muscolo inspiratorio involontario.
Che lo vogliamo o meno, funziona sempre e funziona attivamente SOLO in fase inspiratoria, contraendosi ed abbassandosi per aumentare il volume polmonare, mentre in fase espiratoria risale verso l’alto, riducendo il volume polmonare, rimanendo però pressoché passivo.
Sembra dunque non esserci proprio alcuna possibilità di controllare attivamente il diaframma ed ogni istruzione vocale che richieda al cantante di “cantare con il diaframma”, di “sostenere con il diaframma” o di “appoggiare sul diaframma” si basa oltre che su una imprecisione terminologica soprattutto su una impossibilità fisica.
Un processo inspiratorio efficiente presuppone che il rifornimento d’aria all’interno dei polmoni avvenga semplicemente attraverso un’inspirazione calma e profonda all’interno di una postura “nobile”, una postura che preveda cioè un allineamento tra testa, collo e torace.
Alla fase inspiratoria segue quella espiratoria.
L’espirazione coinvolge l’attività dei muscoli addominali e dei muscoli intercostali che dovrebbero fornire l’energia necessaria per mettere in moto e per sostenere la vibrazione delle corde vocali.
Un’efficace gestione del processo espiratorio richiede il mantenimento della “posizione inspiratoria” anche in fase espiratoria: la contrazione dei muscoli espiratori dovrebbe cioè rallentare la rapida risalita del diaframma verso la sua posizione iniziale, rallentando di conseguenza lo svuotamento polmonare.
Sfortunatamente, accade che alcune istruzioni vocali date ai cantanti per gestire l’espirazione (frasi come “sostieni il suono”, “contrai le natiche” “spingi verso il basso come quando si va al bagno”) si basino sul presupposto che questi contraggano direttamente i muscoli addominali per mantenere il diaframma il più a lungo possibile in basso.
Spesso la contrazione diretta dei muscoli addominali si traduce in un’ipercontrazione muscolare che finisce per fornire più energia espiratoria del necessario, generando un’eccessiva pressione del fiato contro le corde vocali rispetto a ciò che è ottimale nel canto. Cantare difatti non richiede un’iperattività muscolare da sforzo pari a quella richiesta per sollevare oggetti pesanti. Il nostro obiettivo dovrebbe essere quello di ricercare equilibrio nell’energia espiratoria, fornendone soltanto il necessario in relazione al compito vocale da svolgere.
Il processo espiratorio nel canto non può prescindere dal processo vibratorio. Se così fosse sarebbe semplicemente un soffiare fuori aria, come quando si cerca di spegnere una candela. Dall’incontro tra aria che sale dai polmoni verso le corde vocali e resistenza/opposizione delle corde vocali al fiato nasce il fenomeno della vibrazione, nasce il suono.
(Clicca play sul video)
https://www.youtube.com/watch?v=YSKe5l00mO4
La fonazione è dunque la parte in cui occorre coordinare ad un altissimo grado di precisione la quantità di flusso di aria (F) che salendo dai polmoni toccherà le corde vocali E la capacità delle corde vocali (M) di resistere efficacemente al fiato. Da questo incontro/scontro antagonistico tra fiato e muscolo si genererà una certa pressione.
Perchè questa pressione è così importante?
Perchè la quantità di pressione che si crea determina la qualità della fonazione.
Esaminiamo i 3 possibili scenari creati da questo incontro/scontro:
1) Oversinging
Se in fase di fonazione esiste un’eccessiva resistenza delle corde vocali al fiato, se cioè acusticamente il nostro suono si presenta pressato, forzato, teso, ipertonico allora il livello di pressione sottoglottica è troppo elevato.
Caso 2: Undersinging
Se viceversa, in fase di fonazione esiste un’insufficiente resistenza delle corde al fiato, se cioè, acusticamente, il nostro suono si presenta arioso, debole, allora il livello di pressione sottoglottica sarà troppo basso.
Caso 3: Balanced singing
Desideriamo che l’emissione vocale del cantante presenti un’equilibrata quantità di flusso del fiato e resistenza cordale.
“Sì Roberto, ma scusa un attimo… se da una parte l’inspirazione non è tutto, se da un’altra non vogliamo cadere nel controllo diretto, meccanicistico della fase espiratoria e se da un’altra parte ancora non possiamo controllare “direttamente” il grado di resistenza delle corde vocali, come sarà mai possibile imparare a controllare la pressione sottoglottica che ci consentirà di cantare bene? Cosa si deve fare?”
Occorre partire dal suono giusto.
“Eh… ma come è possibile avere sto suono giusto se si inspira male e si espira peggio? Proprio non la noti la contraddizione in termini?”
Messo alle strette da questa validissima obiezione mi vedo costretto a tirare fuori i miei assi nella manica:
i buoni, vecchi, cari ed intramontabili vocalizzi.
Difatti, la prescrizione di specifiche combinazioni di:
1) vocali
2) consonanti
3) specifici livello di intensità
4) specifiche scale e specifiche direzioni (ascendenti o discendenti) della scala
permette all’insegnante che sappia come combinarli in maniera logica (e non casuale) di condizionare l’intero sistema voce (respirazione/vibrazione/risonanza) ad autoregolamentarsi gradualmente ed indirettamente, stimolando nel cantante quelle precise coordinazioni neuromuscolari che lo conducono verso la continua ricerca del suono giusto (o del suono “meno imperfetto” in relazione alle sue attuali possibilità), del suono che manifesti un equilibrio nel funzionamento del sistema voce.
“Sì vabbè… ma nel concreto?”
Poniamo che lo studente canti o vocalizzi in maniera piuttosto “ariosa”, che il suono sia cioè debole, inconsistente, che non abbia sufficiente energia acustica per essere adeguatamente “risuonato”. Potrebbe riportare all’insegnante di “avere poco fiato” e che “dovrebbe prendere più fiato.” Ma cosa quell’emissione sta realmente manifestando dietro le quinte? Che non abbia inspirato bene?
Dove ricercare la causa del disequilibrio manifestato dal suono? Sempre nel fiato?
Per quanto ne sappiamo potrebbe aver inspirato benissimo, nonostante ciò quello che possiamo dedurre per certo è che non sia riuscito a coordinare in misura adeguata il processo espiratorio con quello fonatorio. Venendo a mancare sufficiente resistenza delle corde al fiato viene indebolita l’attività della muscolatura addominale nel suo ruolo di ritenzione del fiato.
Ciò accade similmente quando proviamo a gonfiare un palloncino d’aria. Se non ponessimo sufficiente tensione nel lembo elastico posto all’estremità il palloncino si sgonfierebbe in men che non si dica. Una sufficiente tensione a valle invece permetterebbe di regolare a monte la velocità e la quantità dell’aria in uscita.
Dunque cosa fare ad esempio per aiutare questo studente? Da cosa partire?
Potrei prescrivere un vocalizzo che stimoli una miglior resistenza delle corde al fiato, combinando per esempio una consonante dura (G, P, B) con una vocale aperta (A, E), con un volume un po’ più elevato e con una scala lenta e ascendente. Un simile esercizio stimolerà un aumento della massa cordale che aiuterà le corde a resistere meglio e più a lungo al fiato.
Le corde così, svolgendo un’azione valvolare di chiusura più efficiente, a loro volta innescheranno un circolo virtuoso a monte che addestrerà i muscoli espiratori a mantenere più a lungo la posizione inspiratoria, controllando la velocità con la quale il fiato attraverserà le corde e rallentando di conseguenza la risalita del diaframma.
Conclusioni:
E’ mia sincera convinzione che partire dunque dalla fonazione, dalla vocalizzazione, dal suono e NON dal controllo diretto, meccanico ed isolato di singole strutture e muscolature all’interno del sistema respiratorio sia la chiave che aiuti a semplificare il processo di apprendimento e la vita stessa del cantante che non dovrà concentrarsi sul singolo muscolo o su catene di muscolari da attivare direttamente ma soltanto richiamare mentalmente la coordinazione che ha imparato in fase di vocalizzazione essere quella più efficace e adattarla al MESSAGGIO che vorrà comunicare al suo pubblico.
Roberto