“Ho difficoltà con le note acute e non so come ‘impostare’ la mia voce per cantarle…”
“Per cantare bene, senza affaticarsi, dove si dovrebbe ‘mettere’ la voce? Come andrebbe ‘impostata”?
“Tu quando canti che ‘impostazione’ usi?”
“Vorrei saper usare anch’io ‘l’impostazione’ che usa anche ‘x o y’ nel brano ‘z’ “.
Nella didattica del canto esistono tante tecniche e metodi, probabilmente tanti quanti sono gli insegnanti.
Ogni insegnante possiede un metodo, una logica che guida il suo lavoro ed un certo vocabolario terminologico.
Per quanto auspicabile, oggi è ancora raro che gli insegnanti posseggano un comune linguaggio didattico, universalmente condiviso. A complicare le cose nella didattica vocale il confine mai ben definito tra tecnica e stile.
Piccoli fraintendimenti terminologici si traducono spesso in grandi fraintendimenti didattici che si tramandano da una generazione di cantanti ad un’altra. Tra questi, il concetto di “impostazione della voce“.
L’impostazione della voce rappresenta di solito
“la maniera in cui gli organi della voce cooperano nella fonazione durante il canto.“
In altre parole, la buona o la cattiva impostazione vocale dipenderebbe dal grado di equilibrio presente nel sistema respiratorio, laringeo ed articolatorio/risonanziale e nel loro reciproco coordinamento.
Così intesa, l’impostazione vocale rappresenterebbe in definitiva l’effetto, il risultato finale, il prodotto finito del lavoro di equilibrio risonanziale e di equilibrio fonatorio svolto dal cantante.
Trovo piuttosto frequente e diffuso il fraintendimento causato dalla condivisione della semplicistica idea che per ben “impostare” la voce in un determinato modo occorra strettamente “collocare tutti i suoni in uno o più specifici punti“.
“Impostare la voce” diventerebbe così sinonimo di “mettere la voce”, “posizionare la voce”, “piazzare la voce”, “collocare la voce”, “indirizzare la voce”.
La didattica del canto che segue questo tipo di approccio di solito cerca di incoraggiare l’esperienza di una determinata sensazione di “risonanza” indotta, dando ai cantanti istruzioni vocali volte a collocare i loro suoni in uno o in più specifici punti del cranio – “in avanti”, “sulle labbra”, “dietro agli occhi”, “in maschera”, “dietro al palato molle”, “dietro alla nuca” – alla ricerca di particolari qualità estetiche.
E’ altamente probabile che lo studente inesperto, che coraggiosamente provi ad indirizzare i suoni nei luoghi suggeriti senza riuscirci, non avendo gli strumenti tecnici per emulare l’esempio vocale fornito dall’insegnante o le descrizioni del suono ricercato, avverta un certo senso di frustrazione.
La richiesta di emulare l’EFFETTO di un buon canto senza prima averne apprese le CAUSE è un controsenso.
Se lo studente fosse già capace di “mettere il suono in maschera” sarebbe lì per imparare a farlo?
Inoltre è mia sincera convinzione che le istruzioni vocali dal sapore vago ed impreciso avrebbero del potenziale per indurre malfunzionamenti nell’organo vocale.
Perchè?
Perchè queste istruzioni tendono a richiedere il mantenimento statico e predeterminato della posizione della bocca (mandibola, labbra, palato, lingua) “a sorriso”, oppure “a sbadiglio”, a seconda della scuola di pensiero.
Ed il rischio legato al modo di impostare la voce inducendo la risonanza, piuttosto che creando le condizioni di equilibrio fonatorio perchè la risonanza possa essere libera e naturale, è che il cantante sperimenti e sviluppi gradualmente:
– rigidità muscolare, che inibirebbe proprio quella capacità di adattare le cavità di risonanza (bocca e faringe) in maniera elastica alle diverse esigenze tecniche ed artistiche;
– disequilibrio risonanziale, che condurrebbe ad un suono troppo “chiaro”/”nasale” o troppo “scuro”/”affondato” in tutte o in alcune vocali.
L’impostazione della voce è un PROCESSO, non un singolo EVENTO.
Va da sé che una buona impostazione tecnica della voce NON dovrebbe misurarsi sulla capacità di INDURRE particolari qualità del suono che soddisfino le preferenze estetiche di chi guida il cantante, o che meglio si adattino ad un particolare genere musicale, facendolo in una condizione di disequilibrio funzionale.
Il successo di una buona impostazione tecnica dovrebbe misurarsi esclusivamente sulla capacità di CONDURRE i cantanti verso lo sviluppo della piena libertà muscolare che permetterà loro di poter soddisfare successivamente particolari esigenze artistiche.